«Jumper come antichi esploratori Forzano i limiti dell’essere umano»

da | 19 Ago, 2016 | Psicologia News | 0 commenti

Uli Emanuele è morto schiantandosi contro una roccia durante un salto a Lauterbrunnen, in Svizzera. Aveva 30 anni ed era un famoso base jumper. Quali motivazioni, quali desideri possono spingere un giovane a praticare uno sport così pericoloso? Il base jumping non è regolamentato né riconosciuto da alcuna legislazione (esiste solo un codice di autoregolamentazione che si sono dati gli stessi atleti) e consiste nel lanciarsi nel vuoto con una tuta alare da rilievi naturali, edifici o ponti, e atterrare lentamente grazie a un paracadute (ma senza paracadute di riserva). Il rischio, come è evidente, è altissimo e i base jumper consigliano di avere una buona esperienza di paracadutismo sportivo (almeno 250-300 lanci) prima di provare. Secondo il sito Blincmagazine.com, i morti dal 1981 a oggi sono stati circa trecento, 27 nel 2016. «Questo sport è per persone che hanno testa sulle spalle, solo così diminuisce il rischio. Non è uno sport per pazzerelli» diceva Uli Emanuele. È davvero così?

Articolo completo http://www.corriere.it/salute

 

 

Dott.ssa Cristina Lanza

Dott.ssa Cristina Lanza

Psicologa e Psicoterapeuta

Effettuo interventi di consulenza psicologica, sostegno e psicoterapia sia individuali che di coppia.
Sono iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio (prot. N. 11600 del 12.02.2004) e abilitata alla Psicoterapia

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