Felicità e Consapevolezza, le 4 fasi della Felicità

da | 20 Mar, 2021 | Psicologia del Benessere, Psicologia News

Oggi si celebra la Giornata Internazionale della Felicità, un costrutto su cui nel tempo si è tanto discusso e scritto e di cui non si ha a disposizione un’unica definizione poiché di forme di Felicità ne esistono tante quanti sono gli esseri umani (e per certi aspetti anche animali) viventi sulla Terra. In questo articolo vengono descritte 4 diverse fasi che mettono in connessione Felicità e Consapevolezza.

LE FASI DI COMPRENSIONE DELLA FELICITA’

Dimmi cos’è per te la felicità e ti dirò chi sei. Ogni essere umano riesce a comprendere e sperimentare la felicità in base al proprio livello di consapevolezza. Se provassimo a ipotizzare dei livelli di comprensione distinti, potrebbero essere suddivisi in questo modo.

La prima fase può essere definita “istintuale” perché l’essere umano è dominato dalle passioni, dai sensi e dalle emozioni. Lo scopo della vita consiste nell’appagamento dei piaceri sensoriali. La mente tende a fare propri idee e pensieri altrui: il senso del giusto e dello sbagliato viene stabilito in base a ciò che comunemente viene ritenuto corretto o errato, senza discernimento personale alcuno. L’individuo semplicemente si adegua a ciò che gli viene presentato come giusto o sbagliato senza metterlo in discussione.
In questa fase fallimento e successo sono associati a piacere e dolore. Il concetto e l’esperienza della felicità hanno una dimensione puramente sensoriale e consistono nell’appagamento e nel godimento delle passioni e degli istinti.

Nella seconda fase si esplora il concetto di felicità attraverso le logiche di convenienza. L’essere umano diventa un “mercante di felicità”, ricercando un vantaggio personale in tutto. Qui la felicità viene scambiata per il soddisfacimento del guadagno, dell’interesse e della crescita personale. Il giusto e lo sbagliato vengono stabiliti in base alle domande “cosa mi conviene? Cosa ci guadagno?”.
In questa fase si vive nella convinzione che il conseguimento della felicità dipenda da quanto si è in grado di soddisfare i propri interessi personali.

Nella terza fase invece l’essere umano esplora l’esperienza della felicità attraverso il donare e l’aiutare gli altri. Quando questa fase è poco evoluta si manifesta “l’altruismo egoico”, ossia “fare del bene agli altri è utile per poter ottenere ammirazione, approvazione, amore e successo”. Si è ancora in una fase da “mercanti” perché si trova più tornaconto e convenienza nel donare che nell’accumulare.
Tuttavia, anche in questo primo aspetto poco evoluto gli interessi dell’individuo iniziano a includere anche quelli degli altri. La felicità consiste nel ricevere ammirazione ed essere amati, accettati e stimati.
Quando questa fase arriva a maturità si sente la necessità di espandere l’idea e la percezione di se stessi, includendo in essa anche gli altri: la propria felicità include la felicità degli altri e il soddisfacimento dei propri bisogni include la soddisfazione dei bisogni altrui, diventando imprescindibile da essa. Nasce spontaneamente il desiderio di essere autenticamente utile. E’ qui che l’essere umano prende seriamente in considerazione la possibilità di sacrificare le proprie risorse, il proprio tempo, il proprio talento al servizio del bene degli altri. Cambia radicalmente anche il concetto di giusto e di sbagliato, che viene stabilito in base al sentimento di amore, di compassione e di servizio disinteressato per il bene altrui e non più in base a una convenienza personale e all’ottenimento di un appagamento sensoriale. Nella sua fase più elevata l’essere umano concepisce la possibilità di mettere davvero la propria vita al servizio degli altri. La felicità viene sperimentata attraverso il donarsi e il servire la felicità altrui.

Nella quarta e ultima fase la felicità non viene più attribuita alla sfera del fare, dell’avere, dell’apparire e del donare, ma se ne fa esperienza attraverso la consapevolezza dell’essere. A un essere umano che sta attraversando le fasi precedenti questo livello di consapevolezza risulta spesso incomprensibile.
In questa dimensione si sperimenta il desiderio di essere espressione di una coscienza impersonale e universale: una pura coscienza esistenziale. La felicità viene vissuta come stato di coscienza naturale: una caratteristica intrinseca e naturale della pura consapevolezza di essere. In questo livello di coscienza si manifesta la percezione di essere una sola cosa con ogni forma di vita e lo scopo ultimo dell’esistenza diviene la realizzazione e la condivisione di questo stato di coscienza. Non bisogna più fare nulla o avere qualcosa per essere pienamente e autenticamente felici, perché la natura della felicità risiede nell’esperienza della pura consapevolezza di essere, senza più bisogno di nomi, forme, attributi e azioni, possedimenti e meriti per potersi definire.

[Tratto da La Biologia della Gentilezza di Immaculata de Vivo e Daniel Lumera]

 

 

Photo Credits: Hybrid/Unsplash

Dott.ssa Cristina Lanza

Dott.ssa Cristina Lanza

Psicologa e Psicoterapeuta

Effettuo interventi di consulenza psicologica, sostegno e psicoterapia sia individuali che di coppia.
Sono iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio (prot. N. 11600 del 12.02.2004) e abilitata alla Psicoterapia

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